Ormai da diversi anni, in Italia è aumentato il numero di persone che decidono di approcciarsi, come hobbisti, al mondo della coltivazione della cannabis. Un’ampia percentuale di questi utenti acquista semi autofiorenti. Il motivo è legato al fatto che, grazie a questi semi non fotoperiodici che crescono senza bisogno di impegno di tempo e soldi per quanto riguarda l’illuminazione, è possibile ottenere raccolti soddisfacenti anche se non si ha esperienza. Le piante autofiorenti, infatti, sono molto resistenti.
Quando le si chiama in causa, sono numerosi gli interrogativi che vengono in mente. Tra questi, rientrano le domande di chi si chiede se è possibile o meno clonare le piantine. Scopriamo qualcosa di più in merito nelle prossime righe.
Cosa vuol dire clonare una pianta di cannabis?
Prima di entrare nel vivo di tutto quello che riguarda la clonazione delle piante di cannabis autofiorenti, vediamo cosa si intende in generale quando si chiama in causa la sopra citata espressione.
La clonazione di una pianta di cannabis – attenzione, la definizione può essere applicata a qualsiasi specie vegetale – è un’operazione che vede il coltivatore prelevare una talea da una pianta madre. Lo scopo è ovviamente quello di produrre una seconda pianta ex novo. Nel caso che stiamo analizzando, ossia quello della cannabis, la clonazione è considerata il gold standard per preservare genetiche di particolare pregio.
La seconda pianta, infatti, sarà un clone della prima, in tutto e per tutto uguale dal punto di vista genetico. Quanto appena specificato ci aiuta a inquadrare un ulteriore vantaggio, ossia quello economico. Grazie alla clonazione, si riesce di fatto a bypassare l’acquisto di nuove sementi.
Dopo questa doverosa premessa generale, possiamo aprire la parentesi relativa alla clonazione delle piante di cannabis autofiorente.
Le piante di cannabis autofiorente si possono clonare?
Sì, le piante di cannabis autofiorente si possono clonare. Tra il potere e il fatto di ottenere risultati di qualità, però, c’è di mezzo il mare! Per amor di precisione, ricordiamo che tra i principali miti da sfatare nel mondo breeder c’è proprio l’impossibilità di clonare le autofiorenti. Come già detto si può fare, ma non è facile avere successo. Per quale motivo?
Per rispondere alla domanda, dobbiamo focalizzarci sulla caratteristica principale delle piante a cui sono dedicate queste righe. La cannabis autofiorente, come abbiamo avuto modo di ricordare all’inizio dell’articolo, non essendo fotoperiodica non prospera sulla base di fattori come l’illuminazione, ma tenendo conto dell’età. Tutto ciò accade grazie all’influenza della genetica ruderalis, originaria di una zona del mondo a dir poco ostica dal punto di vista climatico, ossia la Siberia.
In virtù di questa peculiarità, nel momento in cui si taglia la talea e la si mette a dimora con l’intento di ottenere un clone, si è maggiormente esposti al rischio di trovarsi, al momento del raccolto, con piante molto piccole. Ciò accade in quanto, dal momento che le talee condividono tutto della pianta madre, c’è una corrispondenza perfetta anche dal punto di vista dell’età.
Il dibattito in seno alla comunità dei breeder
Sulla clonazione delle piante di cannabis autofiorenti è acceso da anni, in seno alla comunità dei breeder, un fervente dibattito. Ci sono coltivatori esperti che affermano di essere riusciti a ottenere, a partire da piantine a carattere autofiorente, dei cloni di qualità.
Altri, invece, scelgono la pratica attorno alla quale ruotano queste righe, ma solo con lo scopo di preservare la genetica e non per arrivare a piante destinate poi al consumo umano. Se si punta ad avere piante rigogliose, la clonazione potrebbe non essere la strada giusta. Non bisogna infatti dimenticare che il prelievo dalla pianta madre è un piccolo trauma per la talea, che ha bisogno di riprendersi e di un tempo che, di riflesso, non può essere impiegato per la produzione di cime compatte.